La stipsi non è una malattia, ma un sintomo e, in quanto tale, può essere la conseguenza di diverse patologie. In generale è un problema sovrastimato, in quanto tendiamo a dare una nostra interpretazione del problema stesso, auto-definendoci “stitiche”. Il primo punto quindi è individuare l’effettiva presenza di un problema; fare cioè una differenza tra una situazione patologica reale e una condizione semplicemente avvertita da noi come “problematica”.
La stipsi può essere primaria (come nella sindrome del’intestino irritabile, o dissinergia del pubo-rettale), o secondaria a patologie (coliche, prolassi, emorroidi, uso di alcuni farmaci…). La stipsi può essere inoltre correlata ad alcuni fattori di rischio che sono modificabili: alimentazione (ridotto apporto di fibre), idratazione, sedentarietà e l’abitudine a posticipare la defecazione anche quando si avverte uno stimolo adeguato. Se le feci non escono, rimangono all’interno dell’ampolla rettale, dove si disidratano e diventano più difficili da espellere; in questo modo si tenterà di evacuare in un momento considerato più opportuno, ma senza stimolo e spesso con uno sforzo eccessivo.
La stipsi da alterazione motoria dei tratti distali (sigma, retto, sfintere anale) è legate a disfunzioni del Pavimento Pelvico come: alterata coordinazione motoria della muscolatura del Pavimento Pelvico, sindrome del perineo discendente (in cui si verifica un abbassamento del Pavimento Pelvico tale da comprimere il canale anale e quindi diventare un ostacolo all’espulsione delle feci), ridotta sensibilità rettale (con mancata coordinazione dei riflessi ano-rettali e ipertono dello sfintere anale interno).